Il glutine: il capro espiatorio moderno

Pubblicato il 8 aprile 2025 alle ore 16:00

Il glutine non è un veleno. È una proteina complessa che si forma quando la farina viene impastata con l’acqua, dando origine a una rete viscoelastica costituita da gliadina (che conferisce estensibilità) e glutenina (che dona elasticità).
Questa struttura è ciò che permette agli impasti di “lievitare” e trattenere i gas prodotti dalla fermentazione: è grazie al glutine che un pane può risultare soffice, una pizza elastica, una pasta “al dente”.

Ma proprio queste proprietà tecnologiche hanno reso il glutine una proteina particolarmente amata dall’industria alimentare.

Perché l’industria predilige farine ricche di glutine?

Le varietà moderne di grano, selezionate per contenere più glutine, garantiscono impasti più stabili e lavorabili, ideali per produzioni su larga scala.

Un indice fondamentale in ambito tecnologico è il W dell’alveografo di Chopin: maggiore è il valore W, maggiore è la forza della farina, ovvero la sua capacità di trattenere gas e resistere alla lavorazione.

Il glutine “forte” consente una lievitazione più prevedibile, una maggiore resa e un prodotto finale più omogeneo e conservabile.

È utilizzato un po' per tutti i prodotti da forno industriali come pane in busta, pizze da banco refrigerate, poi ancora per il seitan e alimenti ultraprocessati.

Il rovescio della medaglia: selezione eccessiva, tolleranza ridotta

Negli ultimi decenni:

  • I grani antichi sono stati sostituiti da varietà moderne, più produttive ma anche più ricche di glutine.

  • La selezione genetica, già avviata in Italia negli anni ’20 da Nazareno Strampelli, ha portato alla creazione di varietà nanizzate tramite incroci e mutagenesi (non OGM transgenici). Ne è un esempio il grano Creso che è stato ottenuto proprio per mutagenesi.

  • Negli anni ’70, durante la Rivoluzione Verde, queste varietà si sono diffuse globalmente, riducendo la biodiversità e uniformando l’alimentazione a base di cereali con alta percentuale di glutine.

A ciò si aggiunge l’uso frequente di grani importati (come quelli canadesi trattati con glifosato) e il consumo eccessivo di prodotti a base di farine raffinate.

Un’alimentazione monotona e industriale

Il problema principale non è il glutine in sé, ma come e quanto lo consumiamo.

L’alimentazione moderna è spesso basata su farine raffinate e grano tenero (presenti in pane, pizza, biscotti, piadine), con un’eccessiva ripetitività e scarsità di fibra. Anche i prodotti “alternativi” spesso nascondono la presenza predominante di farina 00, anche se pubblicizzati come al farro, integrali o ai cereali misti.

Questo impoverisce la dieta e indebolisce il microbiota intestinale, il quale svolge un ruolo chiave nel supportare la digestione del glutine e nel regolare la risposta immunitaria.

Quando il glutine crea problemi

Esistono condizioni cliniche in cui il glutine va effettivamente evitato, come nel caso della celiachia, una patologia autoimmune che colpisce l’intestino tenue e richiede l’eliminazione completa e permanente del glutine dalla dieta.

Esistono poi persone che, pur non risultando celiache, sperimentano fastidi gastrointestinali o extraintestinali in seguito all'assunzione di glutine. Questa condizione è nota come sensibilità al glutine non celiaca e, sebbene ancora in parte dibattuta nella comunità scientifica, sembra coinvolgere meccanismi infiammatori e immunitari non autoimmuni.

Sarebbe il caso di non generalizzare né demonizzare il glutine, ma riconoscere i segnali individuali e indirizzare correttamente le persone con sospetti sintomi a specialisti per eventuali approfondimenti diagnostici.

Conclusioni: non il glutine, ma il contesto

Il glutine non è un nemico, ma nemmeno un alleato incondizionato. È una componente naturale dei cereali che, in condizioni fisiologiche e in un contesto di alimentazione varia, non rappresenta un pericolo per la maggior parte della popolazione. Tuttavia, il modo in cui l’alimentazione moderna si è trasformata — verso la ripetitività, la raffinazione e l’omologazione dei prodotti — ha modificato profondamente la nostra relazione con questa proteina.

L’aumento di casi di sensibilità, intolleranze e patologie legate al glutine non può essere analizzato prescindendo dal contesto: alimentazione industriale, riduzione della biodiversità cerealicola, impoverimento del microbiota e stili di vita pro-infiammatori contribuiscono a una tolleranza intestinale più fragile.

Come nutrizionista, il mio obiettivo non è promuovere l’esclusione indiscriminata del glutine, ma guidare verso una maggiore consapevolezza alimentare, che permetta di scegliere farine meno raffinate, varietà cerealicole più digeribili e, quando necessario, intraprendere percorsi personalizzati di esclusione sotto valutazione specialistica.

๐Ÿ“Œ Nota critica:
La crescente demonizzazione del glutine è spesso il riflesso di un bisogno collettivo di trovare un colpevole unico per disturbi multifattoriali. Ma è una semplificazione pericolosa. Il problema non è tanto la presenza del glutine quanto l’impoverimento complessivo della qualità della nostra alimentazione e della salute del nostro intestino. Non esistono scorciatoie: educare, comprendere e adattare l’alimentazione alle esigenze individuali (e con questo intendo dire che ognuno può avere delle preferenze per quando e quanto mangiare o aver bisogno di ridurre certi alimenti, ma i principi di una sana alimentazione sono gli stessi per tutti) è l’unica vera soluzione.

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