Il nostro Microbiota è "vegano".. e noi?

Pubblicato il 20 marzo 2025 alle ore 16:00

Negli ultimi anni si sente parlare sempre più spesso di microbiota intestinale, ovvero quell’insieme di microrganismi che popolano il nostro intestino e che giocano un ruolo cruciale nella nostra salute. Ma sapevi che il nostro microbiota, in un certo senso, è vegano?

Perché il microbiota è “vegano”?

I batteri buoni che abitano il nostro intestino si nutrono principalmente di fibra solubile, presente in abbondanza in legumi, cereali integrali, verdura e frutta (compresa quella secca e oleosa). In pratica, il carburante migliore per il nostro intestino non è la carne o i prodotti raffinati, ma gli alimenti vegetali ricchi di fibre.

Cereali integrali e pasta: cosa scegliere?

I cereali integrali in chicco sono una scelta eccellente perché, se cotti per assorbimento, mantengono intatte vitamine, minerali e fibre solubili, senza dispersione nell’acqua di cottura.

E la pasta? Può essere consumata ma non è da mangiare tutti i giorni. Per un’alimentazione equilibrata, meglio preferire i cereali integrali in chicco nella quotidianità e riservare la pasta a una o due volte a settimana, scegliendo varianti da grani antichi o da cereali alternativi come il grano saraceno (tecnicamente è una poligonacea ma per l'uso che ne facciamo la considero più un cereale), l’avena o il sorgo.

Glutine e permeabilità intestinale

Si sente spesso dire che il glutine sia dannoso per l’intestino. Il problema non è il glutine in sé, ma il suo eccesso, soprattutto quello dei grani moderni, molto più ricchi di questa proteina rispetto a quelli antichi. Vi domanderete come mai le varietà moderne sono state selezionate per avere un maggiore contenuto di glutine. Il motivo è la migliore lavorabilità degli impasti, rendendoli più elastici e adatti alla produzione industriale di pane e pasta. Tuttavia, questa maggiore concentrazione può risultare meno tollerabile per alcune persone, contribuendo a fenomeni di ipersensibilità e alterata permeabilità intestinale.

E i legumi? Non favoriscono la permeabilità intestinale, anzi! Quando i nostri batteri intestinali fermentano la fibra solubile contenuta nei legumi, producono acidi grassi a catena corta (SCFA), tra cui acetato, propionato e butirrato.

Il butirrato, in particolare, è fondamentale perché rappresenta la principale fonte di energia per le cellule dell’intestino (enterociti) e svolge un’azione antinfiammatoria e protettiva, contribuendo a mantenere integra la barriera intestinale.

L’acetato ha un ruolo chiave nella regolazione del pH intestinale e nella crescita di batteri benefici, mentre il propionato partecipa al metabolismo epatico e alla regolazione della glicemia.

Un effetto "film protettivo": questi acidi grassi contribuiscono a rafforzare il muco intestinale, creando una sorta di barriera fisica che protegge l’epitelio da agenti esterni e sostanze potenzialmente dannose. In questo modo, si riduce il rischio di infiammazione cronica e si favorisce un ambiente intestinale sano ed equilibrato.

Pane, tofu e prodotti vegani industriali

Il pane, se scelto con cura, può essere un’ottima opzione. Meglio preferire quello a base di grani antichi e lievitato con pasta madre, che rende il glutine più digeribile grazie alla lunga fermentazione.

Per quanto riguarda il tofu e il tempeh, sono ottimi alimenti a base di soia fermentata, a patto di sceglierli biologici e con ingredienti semplici. Ma attenzione ai prodotti vegani ultra-processati: non basta che un alimento sia “vegano” per essere sano! Molti sostituti della carne in commercio contengono ingredienti di scarsa qualità, additivi e grassi poco salutari.

Dobbiamo essere vegani anche noi?

Avere un microbiota “vegano” non significa che dobbiamo esserlo anche noi. Un’alimentazione esclusivamente vegetale può comportare alcune carenze nutrizionali, in particolare di vitamina B12 e omega-3 nella loro forma attiva (EPA/DHA). Chi sceglie una dieta 100% vegetale può tranquillamente farlo, a patto che faccia attenzione a integrare questi nutrienti.

 

Focus: Omega-3: perché non basta assumerli dai vegetali?
Gli omega-3 di origine vegetale si trovano principalmente sotto forma di acido alfa-linolenico (ALA), presente in alimenti come semi di lino, chia, noci e olio di perilla. Tuttavia, il nostro organismo deve convertire l’ALA in EPA (acido eicosapentaenoico) e DHA (acido docosaesaenoico), che sono le forme bioattive e direttamente utilizzabili dall’organismo.

Il problema? La conversione di ALA in EPA e DHA è molto inefficiente: solo una piccola percentuale dell’ALA ingerito viene effettivamente trasformata. Si stima che meno del 10% venga convertito in EPA e meno dell’1% in DHA. Questo processo può essere influenzato da fattori come genetica, età, metabolismo e bilancio tra omega-3 e omega-6 nella dieta.

EPA e DHA di origine animale: più biodisponibili
Gli omega-3 presenti nei pesci grassi (come salmone, sardine, sgombro) e nelle microalghe sono già nella forma attiva (EPA e DHA) e vengono assimilati immediatamente dall’organismo, senza necessità di conversione. Ecco perché chi segue una dieta esclusivamente vegetale dovrebbe considerare di integrare EPA e DHA derivati da alghe per assicurarsi un apporto adeguato.

 

👉 Dunque, per dare una risposta alla domanda di questo paragrafo, direi che l’obiettivo non è eliminare completamente gli alimenti di origine animale, ma adottare un’alimentazione prevalentemente vegetale, limitando il consumo di carni rosse e zuccheri liberi, e scegliendo cibi il più possibile naturali.

Conclusione

Il segreto per un intestino in salute non sta negli estremismi, ma nell’equilibrio. Dare al nostro microbiota il giusto carburante significa nutrirlo con alimenti ricchi di fibra solubile, preferire cibi poco lavorati e scegliere con attenzione ciò che mettiamo nel piatto. In questo modo, non solo manterremo in forma il nostro intestino, ma costruiremo un rapporto sano e consapevole con il cibo.

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